mercoledì 2 aprile 2008

Illusione di immortalità del giovane autore incompreso

Quindi, alla fine dei conti, la ragione per la quale perseverare nell’insana passione dello scrivere non solo è possibile ma è addirittura inevitabile risiede nel fatto che, a costo di sembrare retorico, chiunque prenda in mano una penna per raccontare una storia è convinto di essere un potenziale autore di bestseller. In fondo lo sapete anche voi, lo sappiamo tutti, siamo bravi, siamo i migliori, incompresi forse, ma sicuramente i migliori, anche se gli editori continuano a ignorare i nostri manoscritti e le lettere di rifiuto si susseguono senza soluzione di continuità. Spero che la nota sarcastica nelle mie parole sia sufficientemente evidente, ma se non lo fosse mi permetto di aggiungere che in Italia la percentuale di geni incompresi è inversamente proporzionale al tasso di natalità. Probabilmente preferiamo scrivere libri piuttosto che fare figli.

L’illusione di immortalità, la stessa che anestetizza le paure di un pilota di formula uno, nutre e accresce l’ego del giovane autore incompreso, che anziché rassegnarsi alla possibilità di non essere il nuovo Grisham (tanto per citare uno dei nomi che tirano di più), finisce il più delle volte per trasformare l’incomprensione in rabbia, e la rabbia in rancore, lasciandosi consumare dal nervosismo e da una gastrite fulminante.

Siamo bravi, i migliori, ma siamo ancora più bravi a farci del male, e solo perché non abbandoneremo mai la convinzione che è proprio la nostra voce a mancare nel panorama letterario nazionale. Se venisse meno questa convinzione (quasi sempre sbagliata, se non altro per motivi di probabilità e di casistica) ci sarebbero forse meno aspiranti autori, e più autori “aspirati”, e certamente ci sarebbero meno persone afflitte da gastrite. Il fatto è che l’illusione di immortalità per uno scrittore è il più delle volte un male incurabile, qualcosa di molto peggio di una gastrite, un morbo che ci infetta e ci indebolisce, e che ci rende facile preda delle tagliole, dei trabocchetti, e di tutte quelle cose cattive che ho già descritto.
Se per questo male ci fosse una cura, state pur certi che il numero degli editori in Italia subirebbe un drastico calo, scenderebbe a un quinto, forse addirittura a un decimo rispetto alla cifra attuale, le acque da torbide diverrebbero un po’ più trasparenti, e in giro vedremmo sempre meno squali. E invece siamo tutti malati inguaribili, portatori sani di una piaga che non fa che alimentare, se non i nostri sogni di gloria, quantomeno i portafogli dei tanti editori-proprietari terrieri.

1 commenti:

Melina2811 ha detto...

Ciao da Maria